Cass. Civ. 5523/2018
Il messaggio di posta elettronica è riconducibile alla categoria dei documenti informatici, secondo la definizione che di questi ultimi reca l'art. 1, comma 1, lett. p), del D. Lgs. nr. 82 del 2005 ( "documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti"), riproducendo, nella sostanza, quella già contenuta nell'art. 1, comma 1, lett. b) del DPR nr. 445 del 2000.PROC. nr. 08852/2016 Quanto all'efficacia probatoria dei documenti informatici, l'art. 21 del medesimo D.Lgs., nelle diverse formulazioni, ratione temporis vigenti, attribuisce l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del cod. civ. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell'art. 20 D.Lgs 82/2005, l'idoneità di ogni diverso documento informatico ( come l'e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità
Cass. Civ. 5523/2018
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La norma di cui all'art. 142 comma 6 bis C.d.S. specifica che "le postazioni di controllo per il rilevamento della velocità devono essere» ben visibili" e la necessaria visibilità' della postazione di controllo per il rilevamento della velocità' quale condizione di legittimità dell'accertamento , con la conseguente nullità' della sanzione in difetto di detto requisito, è stata da un ultimo affermata anche da questa Corte (Cass.25392/2017, non massimata).
Ne deriva la fondatezza della prima doglianza per violazione dell'art. 142 comma 6 bis Cds; Cassazione 6407/2019 si possono rilevare le violazioni al c.d.s. anche nelle strade private aperte al pubblico.6/24/2016 Per quanto attiene l'applicazione del C.d.s. nelle aree private soggette al pubblico transito, ai fini delle violazioni commesse nel mancato rispetto delle norme che regolano la circolazione stradale, si deve far riferimento non tanto al concetto di proprietà della strada, ma alla sua destinazione (Cass. Civ. Sez. III 17 apriel 1996, n. 3633).
Si può aggiungere che, per destinazione si intende quella che il soggetto, con un atto di volontà, implicito od esplicito, ha inteso dare all'area di sua proprietà; nulla osta alla definizione di area privata se su questa si svolge di fatto un passaggio abusivo di un numero elevato di veicoli e di persone, ancorché si evinca facilmente la destinazione dell'area. In pratica, deve esistere una situazione di accesso di un numero indeterminato e indiscriminato di persone che sia giuridicamente lecita. Un'area (concetto più generale rispetto a quello di strada) privata, aperta alla libera circolazione di un numero indeterminato di veicoli, viene equiparata ad un area pubblica (Tar Puglia Sez. II 24 marzo 1994, n. 491) la strada privata condominiale, pertanto, quale strada di pubblico transito, deve soggiacere alle norme di al D.Lgs. 30 aprile 1992, n.285. Tale assunto ha comunque trovato definitivamente risposta nel recente parere ( n. 2507/2016 del 29 aprile 2016) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che è intervenuto per fugare ogni dubbio sulla validità delle contestazioni alle violazioni del C.d.s. nelle strade private aperte al pubblico. Il TAR della Campania, con la sentenza n. 3820 del 17/07/2015, ha affermato la legittimità del diritto di accesso agli atti in possesso di equitalia e dell' agenzia delle entrate, al fine di far valere i possibili vizi sostanziali nel processo tributario.
Sempre in merito al diritto di accesso, lo stesso Tribunale, richiamando la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 12 maggio 2014, n. 2422, ha ribadito che i concessionari della riscossione hanno l'obbligo di custodire gli atti , le relative matrici e le specifiche notifiche, per anni cinque. Il contribuente può accedere agli atti, estrapolarne copie e chiederne il loro deposito nelle opportune sedi (art. 24, L. 241/90). Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'articolo 186 del codice della strada, anche a seguito della novella riformatrice di cui al decreto legge 7 agosto 2007 n. 117, convertito in legge 2 ottobre 2007 n. 160, che, sostituendo il comma 2 della suddetta norma incriminatrice, ha determinato un differenziato trattamento sanzionatorio a seconda del valore del tasso alcolemico riscontrato, lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall'articolo 186, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l'ipotesi più lieve, ora priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale (Sezione IV, 11 marzo 2014, Pittiani). Nel caso in esame va però rilevato che la "prova" del superamento del tasso rilevante per la ravvisabilità è stata fornita attraverso la valorizzazione degli esiti degli esami sulle urine. Sul punto è stato evidenziato che l'illecito in esame è rapportato all'entità di alcool presente nel sangue al momento del fatto: l'indagine tossicologica, solitamente compiuta con il cosiddetto alcoltest deve, pertanto, individuare la condizione del conducente al momento della guida, attraverso un'indagine che, prossima cronologicamente al fatto, sia in grado di rispondere all'interrogativo sulla presenza dell'alcool nel sangue al momento della guida. L'esame esperito indica la quantità di etanolo presente nelle urine ma non reca alcuna attendibile informazione scientifica dalla quale possa inferirsi la quantità di alcool ematico ( il dato giuridicamente rilevante) e \ soprattutto)l'epoca dell'assunzione della sostanza. L'etanolo riscontrato, in ipotesi, potrebbe, infatti, essere l'esito risalente nel tempo ed anteriore alla condotta di guida. Cass. Penale Sent. Sez. 4 Num. 27005 Anno 2015 La Corte di Cassazione costantemente riafferma il principio che in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l'elemento materiale della violenza la condotta dei soggetto che si dia alla fuga, alla guida di una autovettura, non limitandosi a cercare di sottrarsi all'inseguimento, ma ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida obiettivamente pericolosa, l'incolumità personale degli agenti inseguitori o degli altri utenti della strada (Sez. F, sent. n. 40 del 10/09/2013, E, Rv. 257915; Sez. 2, sent. n. 46618 del 20/11/2009, Corrado e altri, Rv. 245420; Sez. 2, sent. n. 41419 del 18/09/2009, Lorusso, Rv. 245243; Sez. 4, sent. n. 41936 del 14/07/2006, Campicello, Rv. 235535; Sez. 6, sent. n. 31716 del 08/04/2003, Laraspata, Rv. 226251 e altre conformi). Corte di Cassazione sentenza 24 giugno 2015 n. 26528 Ai sensi dell'art. 60, cornma 1, dpr 600/73, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e seguenti del c.p.c, con alcune modifiche specificamente indicate , in particolare, quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notifica non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l'avviso del deposito previsto dall'art. 140 c.p.c, in busta chiusa e sigillata si affigge nell'albo del Comune ..." In virtù di tale chiaro disposto normativo non vi è quindi dubbio che siffatta specifica procedura notificatoria è applicabile nella sola ipotesi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notifica non vi sia abitazione, ufficio o azienda del contribuente; in particolare, per quanto rileva, nell'ipotesi in cui non vi sia un "ufficio" del contribuente; al contrario, quando nel comune di domicilio fiscale vi sia un "ufficio" del contribuente, la procedura notificatoria da adottare è quella ordinaria di cui agli artt. 137 ssg cpc, e la notifica va fatta presso il detto ufficio. Ritiene questa Corte che per ufficio del destinatario, ai sensi delle disposizioni in esame, debba intendersi non solo quello da costui creato, organizzato o diretto per la trattazione degli affari propri, ma anche quello dove egli abitualmente presti servizio o svolga una sua attività, senza che rilevi il fatto che si tratti di attività privata o pubblica o che detta attività sia svolta nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato (in senso conforme Cass. 2506/2007); tanto sia in base alla lettera delle dette disposizioni, che non distinguono l'ufficio in base alla natura del rapporto di lavoro, sia in conformità della ratio delle stesse, non potendosi dubitare che, a prescindere dalla natura del rapporto di lavoro, la sussistenza di un ufficio postula comunque una relazione di fatto fra il soggetto ed il luogo tale da rendere assai probabile la tempestiva ricezione della notifica da parte del notificando. Cass. 12005/2015 GUIDA SENZA PATENTE - NON POSSONO ESSERE UTILIZZATE LE DICHIARAZIONI RESE AI CC SUL VERBALE.8/20/2015 La sentenza di primo grado ha fondato la pronuncia di condanna sulle risultanze del verbale di contestazione a firma dei Carabinieri , dal quale il Tribunale ha desunto la prova che, in data 13 settembre 2010, il minore fosse stato fermato mentre si trovava alla guida del veicolo Kymco Agility e che gli fosse stata contestata la violazione dell'art.116, commi 13 e 18 cod. strada con la motivazione <perché circolava alla guida del predetto veicolo senza essere munito della prescritta patente di guida perché mai conseguita>. Occorre, in proposito distinguere, tra le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla polizia giudiziaria, quelle dichiarazioni che riguardano il fatto costituente oggetto d'indagine dalle dichiarazioni che si riferiscono ad un reato diverso, posto che l'inutilizzabilità dibattimentale prevista dall'art. 350, comma 7, cod. proc .pen. colpisce solo il primo tipo di dichiarazioni spontanee (Sez. 6, n. 22456 del 08/05/2009, Ricciardi, Rv. 243846; Sez.6, n.15483 del 12/02/2004, Cortese, Rv.229342); il verbale di dichiarazioni spontanee riguardante un fatto penalmente rilevante diverso da quello oggetto d'indagine può, invece, essere acquisito in altro processo come documento (Sez. 6, n. 15791 del 14/03/2005, Martinuzzi, Rv. 231875). Con particolare attenzione agli atti che possono essere inseriti nel fascicolo per il dibattimento ed utilizzati per la decisione, va poi precisato che le sommarie informazioni assunte dalla polizia giudiziaria ai sensi degli art.350 e 351 cod. proc. pen., annotate ex art.357 cod. proc. pen., non rientrano nell’elencazione tassativa di cui all’art.431 cod. proc. pen., relativa agli atti che trasmigrano nel fascìcolo per il dibattimento e dì cui si può dare lettura, a meno che non si tratti di atti irripetibili. Ne consegue che le sommarie informazioni assunte senza le garanzie difensive dalla persona a cui carico emergono indizi di reità non possono essere utilizzate in dibattimento, imponendo l’art.63 cod. proc. pen. di interrompere l’interrogatorio qualora emergano indizi dì reità; la prova contenuta in quegli atti deve, quindi, essere nuovamente formata nel dibattimento. Occorre, inoltre, distinguere l'inutilizzabilità dalla nullità, posto che la prima si riferisce all'assunzione di prove acquisite <in violazione dei divieti stabiliti dalla legge> (art. 191 cod.proc.pen.), mentre la nullità discende dall'assunzione di prove senza l'osservanza delle prescritte formalità (Sez. 2, n. 15877 del 27/03/2008, Lo Verde, Rv. 239775; Sez. 1, n. 7491 del 27/05/1994, Mazzuoccolo, Rv. 198371; Sez. 1, n. 2891 del 16/11/1993, dep.1994, Nuzzo, Rv. 198590; Sez. 1, n. 6922 del 11/05/1992, Cannarozzo, Rv. 190571). Cass. 23306/2015 Corte di cassazione Penale n. 37314/2013 Inserire dati ed aggiornare una cartella clinica in date diverse e distanti fra loro, può fa configurare il reato di falso. Al riguardo, posto che la grossolanità ed innocuità del falso vengono prospettate essenzialmente in relazione al fatto che appariva rilevabile ictu oculi l'aggiunta dell'annotazione, vale ricordare il principio già affermato da questa Corte, secondo cui in tema di falso documentale, ai fini dell'esclusione della punibilità per inidoneità dell'azione ai sensi dell'art. 49 cod. pen., occorre che appaia in maniera evidente la falsificazione dell'atto e non solo la sua modificazione grafica. Di conseguenza, le abrasioni e le scritturazioni sovrapposte a precedenti annotazioni, le aggiunte evidenti, pur se eseguite a fini illeciti immediatamente riconoscibili, non possono considerarsi, di per sé e senz'altro, un indice di falsità talmente evidente da impedire la stessa eventualità di un inganno alla pubblica fede, giacché esse possono essere o apparire una correzione irregolare, ma non delittuosa, di un errore materiale compiuto durante la formazione del documento alterato dal suo stesso autore. Spetta, poi, al giudice di merito stabilire, fornendo congrua motivazione, se le peculiarità della specifica alterazione siano da ritenere un'innocua correzione oppure l'espressione di un'illecita falsificazione grossolanamente compiuta (Sez. 5, n. 3711 del 02/12/2011 - dep. 30/01/2012, Baldin, Rv. 252946; Sez. 5, n. 10259 del 07/10/1992, Borzì, Rv. 192299).
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.33329/2915, ha ritenuto responsabile penalmente il chirurgo capo-equipe anche per gli errori dei suoi collaboratori, seppur di competenze diverse, poiché l'operazione deve essere coordinata, in tutte le sue fasi, dal capo del gruppo di lavoro. Nella sostanza, il chirurgo che rappresenta il capo dell' equipe di lavoro, deve avvalersi del ruolo istituzionale cui viene investito e far valere la sua opinione nell' esecuzione dell'atto operatorio. Ne discende che le complicanze che ne derivano dall'esecuzione dell'atto possono ricadere su di lui, a causa delle decisioni da egli prese.
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